01 janvier - 31 décembre 2019

L’”inselvatichirsi” è il cammino che può portare l’uomo moderno a spogliarsi delle complicazioni della contemporaneità che lo costringono a confrontarsi con concetti svilenti e astratti, per intraprendere un percorso di salvezza che è un tornare alle proprie origini, per addentrarsi nel mondo sconosciuto e misterico della foresta che tuttavia appartiene alla nostra memoria ancestrale. (Silvia Favaretto)    Foreste e forestieri, lungi dall’inganno bucolico in cui il titolo può trarre un lettore superficiale (svolgendo così un utile funzione di selezione), è un’opera poliedrica, che amplia i suoi motivi e le sue proiezioni in molteplici direzioni di vita, rimarcando con le dovute sottolineature i necessari distacchi: tra il reale e il vuoto, tra il pane che nutre e la meschina quotidianità che abbaglia, nelle polarità di una sofferenza nullificante e del cammino che dischiude e conduce, passo a passo, di tempo in tempo, tramite il confronto, la riflessione e  il dono di sé alla via della Conoscenza                                                                                                    (Enrico Grandesso)   Viandante nella vita e nella scrittura, Lucia Guidorizzi, ha pubblicato vari libri di poesie tra cui con Supernova “Milagros” (2011), “Nel paese dei castelli di sabbia” (2013), “Controcanto” (2015) e “Pietra Esile” (2017). Ha recensito le opere di numerosi autori di poesia e letteratura contemporanea. Laureata in Lettere e docente, conduce da anni laboratori di poesia con gli studenti delle scuole superiori. E’ socia fondatrice del Progetto 7 Lune ed è curatrice della rubrica online sulla letteratura ispanoamericana LuciAllaluna  progetto7lune.org/rubriche/luciallaluna/index.html e curatrice per Cartesensibili https://cartesensibili.wordpress.com/ della rubrica Sentieri Sognanti e de i quaderni del Cammino. Una poesia viandante    Conclusa la lettura della nuova raccolta poetica di Lucia Guidorizzi, Foreste e forestieri, che fa seguito al fortunatissimo volume Pietra esile, l’esperienza del lettore – e ancor più del critico – è radiosamente sovraccarica di immagini e riflessioni, sinestesie e luminosità, intensità buie e bruschi salutari balzi nell’inquieto presente. Il tutto permeato dal ritmo che struttura e guida questa raccolta, sparso nel paziente lavoro di tessitura e calibratura della poetessa: un ritmo simile alla sua voce, pacata, suadente, elemento magnetico e irrinunciabile del canto.   Foreste e forestieri, lungi dall’inganno bucolico in cui il titolo può trarre un lettore superficiale (svolgendo così un utile funzione di selezione), è un’opera poliedrica, che amplia i suoi motivi e le sue proiezioni in molteplici direzioni di vita, rimarcando con le dovute sottolineature i necessari distacchi: tra il reale e il vuoto, tra il pane che nutre e la meschina quotidianità che abbaglia, nelle polarità di una sofferenza nullificante e del cammino che dischiude e conduce, passo a passo, di tempo in tempo, tramite il confronto, la riflessione e  il dono di sé alla via della Conoscenza.   Unendo qui dei segmenti versali come spunti di lettura, a fungere per il lettore da richiamo per rileggere il libro, inizio questo percorso con Soft Skills, la ribelle poesia d’apertura – dal titolo sarcasticamente in inglese tecnico - della prima sezione, Processi, procedimenti e procedure; segue la canzonatoria ironia e la negazione della morte civile nelle modernizzanti retoriche cemeteriali del Pensiero, “in penitenziari di resa”.    Nella seconda sezione, Oltrepassamenti, i versi vibrano invece tra sofferenza e catarsi, tra il fantastico (come in Interstizi) l’ascolto e la certezza che il viaggio è “sempre Oltre / E’ avventura che prelude aperture”. Segue Draco volatilis, dove la poetessa si confronta, con coraggio e coerenza, con la parola: la parola gentile “fatta di silenzio”, la parola nomade, in cammino (che “Lascia che ogni cosa / Si avvicini / Si allontani / Non trattiene nulla”); la parola senza limiti ed essenza d’ali, in un alto richiamo al maggior poeta del Novecento – ed il maggiore della modernità dopo Baudelaire – l’americano naturalizzato britannico T. S. Eliot (“Parola incantata / Conosce il desiderio / E mantiene Silenzio”), la parola-coltello e quella che evapora e nel giusto tempo se ne va.   Quindi Arabesque, nello scenario del Maghreb che è divenuto paesaggio d’anima, di emozioni e di corrispondenze della poetessa. Sempre ricordando che “Il Sentiero delle Rose / E’ irto di spine”, e senza mai scordare le tragedie delle guerre e di una condizione femminile ancore spesso umiliata, Guidorizzi canta il fascino di terre e culture antiche: “Agguati di luce sciolgono nodi / Di antiche leggende / Che ruscellano oscure / Il rumore del vento / Tra le palme racconta / Leggende remote / La sua voce si fa canto”. Foreste e forestieri, la sezione che dà il titolo alla raccolta, offre osservazioni e moniti (“Essere forestieri è non sentirsi mai definiti / Osservare le cose nella loro incompletezza”); cita esempi di ricercatori spirituali del passato, da Alberto Magno a Raimondo Lullo, e di personalità femminili che si stagliano nella loro autenticità, da Isabelle Eberhardt a Freya Stark. Genealogie di luce attraversa il turbamento e l’eroismo di alcune figure della mitologia greca, da Pasifae ad Ariadne, da Fedra a Circe a Medea, il cui corpo è “Sacrificio misterico / Di stelle”.   Con Acque mnestiche arriva la svolta nel libro: si afferma la volontà di palingenesi, sofferta e conquistata con il sacrificio mai domo di una umile quanto rinnovata determinazione. Perché, come Guidorizzi canta ne Alla maniera dei tenebrosi, “Ogni conquista è predatoria, viene di notte, nel mistero / Scorribande nei reami dell’invisibile”; quei reami che Giacomo Casanova, memento per la poetessa del legame di vita con Venezia, ricerca nell’appassionata conoscenza dell’energia vitale e potente del femminile. Quella ricerca che è e sarà sempre bohéme, dove sono “Benedette le vie dei canti / Le vie invisibili / Che portano ai giardini proibiti / Della continua opposizione” e che conduce ad uno dei momenti più elaborati e compiuti di questa raccolta, Porto dei santi, dove si  canta la verità della bellezza in un collage che, dalla memoria nascosta di John Keats, ricompita alcune opere in prosa e in versi, tra cui la stupenda Litania notturna a Venezia di Ezra Pound: “Nella gloria dell’Ombra / Scivola la tua bellezza / Come piuma sull’acqua / Traccia mnestica / Di un divenire invisibile”. La sezione conclusiva, Skip a Beat, ritorna al tema maggiore di Guidorizzi, la conoscenza mistica, contrapposta agli ostacoli e alla minuta barbarie del presente e di una civiltà in declino – qui non riprende solo l’Eliot dei Quattro Quartetti, ma anche quello de La terra desolata: “Noi non saremo sconfitti finché continueremo ad andare / Brevi soli che s’infiammano per breve tempo / Glaciale ardore di fuochi fatui / Disgelo che risveglia in un tremito  /La nudità offesa della terra”. // Malata identità di vento / In dissolvenza / Consumata da lenti fuochi / Di metallo - non più –mai più - / Le ultime parole ti rispondono / Quali esercizi? Quali prove? / La solitudine dell’uomo precipitato / Sulla terra ricorda altre cadute”.   Foreste e forestieri è, in conclusione, una raccolta che rispetto a Pietra esile sottolinea con pregnanza e preoccupazione il tema dell’impoverimento culturale e individuale, della pervasione di una non-conoscenza estraniata dalla vita e dal pensiero rispetto alle certezze radicate nella ricerca mistica apertasi a chi percorre il cammino di Santiago di Compostela. Ed è, in misura uguale e contraria, un canto di poesia viandante, nei frammenti sognati e fermentanti tra l’urgenza della denuncia contemporanea e l’ulteriore esperito e inafferrabile dell’Assoluto. Enrico Grandesso

VENERDI 11 OTTOBRE ORE 17.30

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